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DNA e relazioni parentali



La genetica forense ha avuto come primo intento la risoluzione di attribuzioni controverse di paternità, la ricostruzione di alberi genealogici e legittimizzazioni di parentela. Su questa scia si sono sviluppati i concetti e le tecnologie che conosciamo oggi e che hanno portato al famoso caso di ricostruzione genetica delle parentele che ha riguardato il caso di Yara Gambirasio.



Nell’articolo del “profiling del DNA” sono state elencante le varie applicazioni possibili offerte dal DNA come mezzo identificativo, e i marcatori utilizzati, tra queste, una delle prime richiesta del mondo forense alla genetica si è avuta per la determinazione e l’attribuzione di paternità o di gradi di parentela.


Infatti, fu nel 1985 in Inghilterra che si registra ad opera di Alec Jeffreys (come già scritto, il padre del fingerprinting) la prima applicazione di un test di paternità, per risolvere un caso di immigrazione.


In effetti da sempre è esistita la necessità di risolvere problemi di filiazione da parte dei cittadini, specialmente qualora in discussione fosse la paternità di un padre presunto e la spartizione di beni.


Quello a cui si è assistito negli anni è, quindi, un’implementazione delle richieste di questi test in concomitanza con l’invenzione di nuovi metodi analitici, che dessero la possibilità di acquisire maggiore certezza nell’esecuzione dell’esame e nell’attendibilità dei risultati. Ciò avvenne già negli anni ’60 con l’introduzione di nuovi sistemi elettroforetici per lo studio di polimorfismi proteici (con tanto di pubblicità su riviste e quotidiani) fino all’enorme richiesta dagli anni ’90 in poi, a seguito dell’eco suscitato dall’introduzione della tecnica del DNA ricombinante.


Seppure molto più rare ed in genere confinate ad esigenze da parte di giudici, sono progressivamente in aumento anche le richieste per i test di maternità.


La situazione attuale vede la possibilità di effettuare i test genetici in innumerevoli laboratori, con ovvia garanzia del rispetto della privacy, ma la cosa che lascia stupiti è come, navigando su internet non si faccia fatica a trovare una gamma di test acquistabili on-line: veri e propri kit fai da te che consentono il prelievo a casa e l’invio in laboratorio in totale anonimato.


Sappiamo che i markers utili alla costruzione di un profilo, come viene inteso oggi, sono i polimorfismi STRs, ed è facile intuire come questi siano diffusi anche sui cromosomi sessuali, X ed Y e sul DNA mitocondriale, mtDNA.


Il materiale genetico utile per stabilire relazioni padre-figlio è dato dal cromosoma Y. Dal momento che solo i maschi possiedono un cromosoma Y, in test di parentela nei quali non siano disponibili parenti stretti del probando (Treccani: in genetica umana il primo individuo esaminato in cui si riscontra un determinato carattere e dal quale si parte per la costruzione di un albero genealogico per stabilirne l’ereditarietà e la trasmissibilità) l’analisi delle varianti cromosomiche mostrerà rapporti paterni tra fratelli, cugini paterni, o fratellastri con lo stesso padre (il profilo STR del cromosoma Y sarà identico in parenti anche molto lontani lungo le linee di discendenza maschile).


Nei casi di rapporti di parentela, dove si studiano soggetti di sesso femminile, i markers del cromosoma X si sono rivelati assai utili possedendo un valore più elevato di potere di esclusione rispetto ai markers autosomici (presenti sui cromosomi non sessuali). C’è da tener presente però che l’utilizzo del cromosoma X in ambito forense è stato fino ad oggi molto limitato per le sue particolari caratteristiche di trasmissione. Infatti, mentre il cromosoma Y in virtù della sua trasmissione in via patrilineare risulta molto vantaggioso poiché permette di studiare in via esclusiva la linea maschile, il cromosoma X viene ereditato in doppia copia dai soggetti di sesso femminile (uno dal padre ed uno dalla madre) ed in singola copia dai soggetti di sesso maschile (solo dalla madre). Questo rende più complessi i calcoli statistici nei casi di paternità e limita inoltre l’indagine ai soli casi in cui il soggetto in studio è di sesso femminile.


L’analisi di sequenza del DNA mitocondriale, mtDNA, (i mitocondri sono organelli intracellulari responsabili del metabolismo della cellula e dotati di un proprio corredo genetico, l’mtDNA), viene usato nei test di parentela nei quali non siano disponibili parenti stretti del probando mostrando le relazioni materne, quindi fratelli, cugini materni o fratellastri con la stessa madre (la sequenza del mtDNA sarà identica in parenti anche molto lontani lungo le linee di discendenza femminile). Questo perché l’mtDNA è trasmesso essenzialmente dalla madre ai figli durante la fecondazione e successiva formazione dello zigote in virtù del fatto che i mitocondri contenuti nello sperma dei mammiferi non entrano nella cellula uovo, in quanto le modalità di penetrazione dello spermatozoo e la costituzione anatomica dello stesso consentono l'ingresso della sola testa, pertanto i mitocondri che hanno sede nel corpo non vengono inseriti, in alcuni casi alcuni mitocondri paterni possono penetrare tuttavia vengono distrutti dalla cellula uovo subito dopo la fecondazione


L’mtDNA ha un basso tasso di mutazione e basso potere discriminante.


Viene impiegato essenzialmente in studi di identificazione di persone scomparse rispetto ad un parente in linea materna (parenti in linea materna hanno sequenze uguali), di ritrovamenti o disastri di massa.


L’analisi del mtDNA è utile in questi casi poiché in ogni cellula ci sono migliaia di mitocondri, quindi il materiale genetico può essere estratto da campioni molto piccoli contenente solo poche cellule. Inoltre, la “struttura” del mitocondrio è forte, il DNA molto ben protetto, per cui spesso riesce a resistere a fattori degradativi di natura ambientale, sostanze di natura chimica e altre condizioni che spesso distruggono il DNA nucleare.

 

Per ripassare


Il DNA si trova nel nucleo di tutte le cellule degli esseri viventi ed è organizzato in 23 coppie di cromosomi ereditati da entrambi i genitori di un individuo (autosomi).


I mitocondri contengono un proprio DNA, mtDNA, ereditato quasi esclusivamente dalla madre. Alcune regioni del mtDNA sono identiche da persona a persona, mentre altre sono fortemente variabili, l’analisi di alcune di queste regioni variabili consente di ottenere un profilo attribuibile ad un individuo.

 

Bibliografia



Adachi N., Umetsu K., Shojo H. Forensic strategy to ensure the quality of sequencing data of mitochondrial DNA in highly degraded sample Leg Med (Tokyo). 2014 Jan;16(1):52-5;

Jeffreys AJ, Wilson V, Thein SL (1985), Individuals specific fingerprints of human DNA. Nature 316;76-79;

Parson W., Gusmão L., Hares D.R., Irwin J.A., Mayr W.R., Morling N., Pokorak E., Prinz M., Salas A., Schneider P.M., Parsons TJ. DNA Commission of the International Society for Forensic Genetics: revised and extended guidelines for mitochondrial DNA typing. Forensic Sci Int Genet. 2014 Nov;13:134-42;

Ricci U (2004), DNA e crimine: dalla traccia biologica all’identificazione genetica. Laurus Robuffo, Roma II Edizione.

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